L’Opera dei Pupi e Mimmo Cuticchio: è davvero l’ultimo puparo?

L’amore per la tradizione che si unisce alla curiosità ed alle continue ricerche, assieme al coraggio di ardite contaminazioni: Mimmo Cuticchio, puparo e maestro del “cunto” ha saputo conservare un’antica tradizione, rinnovarla e trasmetterla ai giovani.

Cos’è la tradizione del “cunto” siciliano

La tradizione del racconto orale ha origini molto antiche ed ha costituito per lungo tempo l’unico mezzo per tramandare fatti e conoscenze in una società poco o niente alfabetizzata. Il “cunto” ha origine medioevale, non è quindi prerogativa solo siciliana. Pur con linguaggi diversi, l’arte del “cunto” la si può trovare in Grecia o in Iran, ed è interessante l’esperimento condotto dallo stesso Mimmo Cuticchio che, al sostituire con la propria voce quella di un cuntista iraniano, ha scoperto una straordinaria corrispondenza.

Nella tradizione del “cunto” siciliano i narratori delle antiche storie vengono chiamati “cuntisti” e si differenziano dai cantastorie (viandati per città e paesi con i loro cartelloni istoriati) per il repertorio epico-cavalleresco, non ispirato quindi a fatti di vita reale.

Il cuntista, in un roboante succedersi di dialoghi stringenti, interpreta con tono vocale mutevole i personaggi, accompagnando i dialoghi con una particolare mimica facciale, con modulazioni ritmiche accompagnate dalla spada. Attraverso movimenti di inspirazione ed espirazione, riesce a dare risalto alla metrica del testo, indulgendo talora nell’improvvisazione.

Il cuntista scandisce il tempo del proprio racconto agitando una spada in legno e battendo il piede su una pedana, spesso indossando uno zoccolo. […] per il cuntista è fondamentale ricordare, oltre alla trama della storia che intende raccontare, i punti esatti in cui prendere fiato. In questi passaggi, l’attore pone nel testo degli accenti, fondamentali per dar ritmo alla propria recitazione. Si tratta, come spiega Anna Sica, di «un metodo antico che è legato alla tradizione dell’improvvisa siciliana e della tarda vastasata delle maschere siciliane di cui l’Opera dei Pupi conserva tracce non solo in alcuni personaggi dei pupi ma soprattutto nella tecnica dell’improvvisazione strutturata» – Treccani

L’Opera dei Pupi: come nasce e il legame con l’Orlando Furioso

L’Opera dei Pupi siciliana (Opra) è uno spettacolo teatrale realizzato da caratteristiche marionette, animate dai “pupari”. Inizialmente raccontavano le gesta dei grandi eroi medievali in lotta per la cristianità e contro i saraceni, ma nel tempo i pupi hanno cominciato a rappresentare diverse tipologie di eroi dai gradi valori. In particolare l’Opera dei Pupi si è diffusa in Sicilia nell’Ottocento narrando le vicende epiche del ciclo carolingio con Carlo Magno ed i suoi cavalieri.

Le storie più amate e popolari rappresentate dall’Opera dei Pupi si rifanno spesso ai temi eroici delle Chanson medievali e quindi dei poemi epici per eccellenza: l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Infatti tra le marionette più importanti dei Pupi si ricordano: Orlando Furioso, Rinaldo, Angelica, Gano di Maganza, i saracini (saraceni), Rodomonte, Mambrino, Ferraù, Agramante, Marsilio e Agricane. I valori eroici da loro condivisi sono il fil rouge dei pupi: la lotta per il bene e la difesa dei più debili con lealtà, fedeltà e coraggio.

Le caratteristiche dei Pupi

Le imprese dei Pupi Cavalieri vengono narrate dal puparo che abilmente muove i fili, snodandosi tra combattimenti contro i Mori (con il movimento ritmato della danza con le spade) e vicende amorose. Il puparo si dispone lateralmente per muovere le sue “creature” di legno, a cui presta la voce, mutandola a seconda dei personaggi. In base al ritmo scenico funge anche da rumorista, battendo i piedi per riprodurre il suono della battaglia. Non mancavano mai avventure fantastiche di ogni sorta con maghi, draghi, serpenti e cavalli alati. Ogni Pupo Cavaliere possiede le sue caratteristiche distintive sia nella fisicità che negli abbigliamenti e nei colori, anche le armature riportano differenti incisioni.

Perché si chiamano Pupi siciliani?

I Pupi prendono il loro nome dalla derivazione classica latina pupus, i, che significa “bambinello”, con riferimento all’aspetto infantilizzato delle marionette. L’Opera dei Pupi è di origini popolari, giunta in Italia probabilmente dalla Spagna di Don Chisciotte e per poi diffondersi a Napoli e a Roma. In Sicilia conobbe la sua massima diffusione e caratterizzazione, pertanto spesso queste marionette di indicano proprio con il nome di “pupi siciliani”.

Dall’antico splendore a Patrimonio Unesco

L’Opera dei Pupi ha costituito a lungo uno strumento per istruire e tramandare valori nobili, ma anche per divertire. Gli spettacoli in passato si protraevano per parecchi giorni, rappresentando diversi episodi consecutivi di un’unica grande storia, e il pubblico partecipava attivamente, prendendo le parti dei buoni ed urlando contro i nemici ed i traditori.

Il teatro dei pupi ha conosciuto periodi di splendore, ma gradualmente il suo pubblico ha cominciato a perdere interesse, attratto da altre e nuove forme di spettacolo e soprattutto dalla televisione. Quasi si cantava il de profundis, se non fosse stato per alcuni coraggiosi, tra i quali spicca la figura di Mimmo Cuticchio.

Anche per suo merito l’Opera dei Pupi è stata iscritta nel 2001 tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità dell’ UNESCO e il suo tipico spettacolo definito “Capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità”.

Ti può interessare anche: La ‘Casa del Puparo’, un gioiello d’arte tra le baracche

Mimmo Cuticchio: l’oprante puparo che ha salvato i Pupi

Mimmo Cuticchio ama definirsi “oprante”, perché gestisce un teatro, e “puparo”, perché costruisce i pupi. Orgoglioso ed instancabile cultore dell’arte dei cuntisti e dell’Opera dei Pupi, non solo è figlio d’arte ed erede del puparo Giacomo, ma è anche padre artistico di un nuova generazione di pupari, che, come lui, proseguono entusiasti questa difficile e bellissima tradizione siciliana. Uomo dai molteplici interessi e dalle numerose attività, Mimmo Cuticchio è anche un regista, autore, attore e scrittore. Dotato di interessi poliedrici, persegue la tradizione senza timore di introdurre innovazioni e tocchi di modernità.

Ho ereditato l’arte di raccontare in modo sempre diverso attraverso la capacità di inventare e scrivere e riscrivere ogni volta perché è un mestiere antico che si impara con il tempo – Mimmo Cuticchio

Mimmo è il figlio maggiore del cavalier Giacomo Cuticchio, che non aveva alle spalle una tradizione di famiglia, ma da piccolo aveva lavorato in un teatro dei pupi e da lì aveva avuto inizio il suo lungo percorso artistico. Il giovane Giacomo aveva acquistato un teatrino da un puparo che aveva deciso di rinunciare al mestiere, trovando appoggio ed incoraggiamento in sua moglie, Pina Patti, appassionata come lui del teatro dei pupi. Si definivano “Opranti camminanti”: dopo lo spettacolo dormivano in un stalla o anche in una grotta – dove poco prima con il pupo Orlando aveva combattuto contro i Mori -.

I figli di Giacomo nacquero in città e località siciliane diverse a seconda di dove si trovava il teatro itinerante. Giacomo nacque a Gela all’alba del 30 marzo 1948, primo maschio dopo due femmine. La madre fu colta dalle doglie poco prima dell’inizio dello spettacolo (che venne annullato) e la sala parto era alle spalle del palcoscenico. Si può dunque dire che respirò quell’aria fin dalla nascita.

Il piccolo Mimmo aveva appena imparato a scrivere, e suo padre già gli faceva trascrivere i canovacci delle opere dei pupi. Mimmo ama dire che è cresciuto con i pupi, considerandoli al pari di fratelli in carne e ossa e condividendo come casa i teatri di fortuna.

L’associazione “Figli d’arte Cuticchio”

Il giovane Mimmo affiancava il padre Giacomo, ma presto si evidenziarono le differenze di visione. Giacomo difendeva la tradizione, Mimmo voleva adattare il teatro dei pupi ai tempi. La rottura avvenne dopo una tournée di grande successo a Parigi.

Lasciata la compagnia paterna, Mimmo Cuicchio nel 1971 ha fondato il gruppo “Figli d’arte Cuticchio”, compagnia itinerante che portò l’Opera dei Pupi nelle scuole di ogni ordine e grado. Nel 1973 ha inaugurati a Palermo il “Teatro dei Pupi Santa Rosalia”, dove tutt’oggi vengono rappresentate le vicende dei Paladini di Francia alla Corte di Carlo Magno e dove vengono amorevolmente conservate macchine, scenografie, strumenti del mestiere e naturalmente gli amati pupi.

Nel 1977è nata anche l’associazione “Figli d’arte Cuticchio” che accorpa l’omonima compagnia, riconosciuta ufficialmente dal Ministero dei Beni Culturali – ed è la prima volta per una compagnia di pupari -. Lo stesso Ministero, nel 2013, ha dichiarato di interesse storico l’archivio cartaceo della stessa Associazione .

La Compagnia Cuticchio: dalla produzione di Pupi alle opere in scena

Mimmo Cuticchio ha trovato grande sostegno in sua moglie Elisa, studentessa di architettura, che dopo la laurea si è unita a lui anche lavorativamente. Nasce così la Compagnia Cuticchio, composta da familiari, lavoranti e studenti dell’arte. Tutti collaborano alla messa in scena degli spettacoli, che inizia dalla costruzione dei pupi e la loro manutenzione, all’allestimento delle scenografie e lo studio delle sceneggiature.

Per il Mastro puparo Cuticchio il “teatro dei pupi come la cerimonia in chiesa” deve seguire regole e rituali. Per fabbricare un paladino ci vuole circa 1 mese, la lavorazione del pupo è rimasta inalterata dall’Ottocento. Faggio o abete per i corpi, cipresso per le teste, il corpo chiamato ossatura è formato da 9 pezzi. Modelli antichi anche per le armature, queste ultime lavorate a sbalzo con strumenti appositi.

Le armature sono pulite con sabbia ed acqua di mare e lucidate con tamponi di polvere di calce. Mimmo Cuticchio definisce se stesso ed i suoi collaboratori “badanti “ dei pupi, che sono come persone di famiglia. Nel corso degli anni le difficoltà, soprattutto economiche, non sono mancate e talvolta è stato necessario vendere qualche pupo, ma Cuticchio non demorde e continua il suo viaggio, che si spera sia ancora lungo.

Mimmo Cuticchio porta i Pupi nel mondo moderno

Mimmo Cuticchio ha avuto il merito di aver sdoganato il teatro dei pupi estrapolandolo dal ristretto ambito del folklore siciliano, iniziandoo con la partecipazione al Festival di Spoleto. Nel 1969 il grande regista Luca Ronconi lo volle nel suo splendido “Orlando Furioso”.

Ha ideato e dirige “La Macchina dei sogni”, festival nato nella primavera del 1984 per celebrare i 50 anni di attività del padre Giacomo. Un mese di spettacoli, mostre, convegni, eventi di vario genere con un solo comune denominatore: il teatro, da quello di strada all’opera dei pupi. Hanno partecipato alla manifestazione attori palermitani, ma anche di altre regioni d’Italia, portando le loro fantasmagoriche messe in scena.

Una mente aperta, quella di Mimmo Cuticchio, portatore di una cultura trasversale e aperto nell’accogliere nel teatro dei pupi le più svariate contaminazioni con altri generi di spettacolo. Nel momento in cui i teatri dei pupi chiudevano ed i pupi finivano nei musei, Cuticchio, coraggioso e visionario, apre il suo teatro a Palermo, propone il vecchio repertorio ma capisce che deve variare.

Le innovazioni e sperimentazioni teatrali con i Pupi

Il fortunato incontro con Salvo Licata, giornalista, poeta e scrittore palermitano, costituisce la svolta. Nasce “Visita guidata all’opera dei pupi” (1989) con regia e drammaturgia di Cuticchio e Licata e la direzione artistica di Carlo Quartucci. Uno degli spettacoli teatrali più significativi di Mimmo Cuticchio, al centro della scena nei panni di un puparo, che dopo il bombardamento Alleato torna a vivere grazie al suo rapporto con le marionette.

Al repertorio tradizionale Cuticchio affianca le prime sperimentazioni teatrali, dove la manovra dei pupi è a vista e questi entrano ed escono dal loro teatrino dialogando con gli attori. Le tradizioni si aprono alla fresca novità di un nuovo modo di fare teatro.
Gli spettacoli della Compagnia di Cuticchio sono interamente prodotti in modo autosufficiente, dagli scenari alla realizzazione dei paladini, degli abiti e delle armature. Ed ancora Cuticchio unisce per la prima volta l’opera dei pupi e l’opera lirica, accomunate dall’esaltazione dei sentimenti e dalla ricerca del fantastico, in cui i personaggi del melodramma si mescolano ai paladini, ai saraceni ed agli altri interpreti tradizionali.

Le più esilaranti rivisitazioni di Opere liriche in Opere di Pupi

Originalissima la rivisitazione del “Don Giovanni” di Mozart, che diventa “Don Giovanni all’opera dei pupi”, ma anche quelle di “Manon Lescaut” e di “Tosca”. Cuticchio attinge anche al teatro classico e non ha timore di affrontare “Iliade”, “Odissea” e persino “Macbeth”.

Una eccezionale contaminazione che nulla toglia alle due forme di spettacolo, ma le arricchisce entrambe. Cuticchio continua il suo percorso con “O a Palermo o all’inferno”, che racconta la spedizione dei Mille guidati da Garibaldi( 2011), e con “Sulle vie dell’inferno” ( 2021), ispirato alla Divina Commedia dantesca, dove i pupi interagiscono con attori in carne ed ossa.

Mimmo Cuticchio: “tesoro umano vivente” e Commendatore della Repubblica

Forse a nessuno era mai stata data questa definizione, ma Ferdinando Taviani, colui che nel 1980 lo ha spinto a farsi cuntista, ha definito Mimmo Cuticchio un “bene culturale vivente”. Il puparo ha infatti donato nuova vita ad un mestiere antico, ridato nuova linfa ad un albero i cui rami, scomparse a poco a poco le radici, si stavano lentamente ma inesorabilmente seccando. È stato dichiarato “tesoro umano vivente” nel Registri delle Eredità immateriali della Sicilia istituito dall’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sicilia.

Per i suoi meriti culturali ed artistici, dal 2018 Mimmo Cuticchio è anche Commendatore della Repubblica Italiana. Nell’anno 2023 l’Università Roma Tre ha conferito a Mimmo Cuticchio la Laurea honoris causa in Teatro, Musica e Danza, con la seguente motivazione.

La sua arte, sempre rinnovata, ha permesso di assicurare una perdurante vitalità a generi che sembravano destinati a divenire “reliquia” di un passato da confinare in una dimensione meramente conservativa

Nella prefazione alla Lectio Magistralis la studiosa Valentina Venturini ha scritto che Cuticchio “ha saputo trasporre e innestare in una dimensione transculturale due nobili e antiche tradizioni”. Nel corso del “Salina Doc Fest” nell’anno 2021 gli è stato conferito il Premio Speciale Banca del Fucino per aver “saputo mettere insieme innovazione e tradizione”.

La prima Scuola per Pupari e Cuntisti

Nel 1997 Cuticchio ha fondato la prima “Scuola per Pupari e Cuntisti”, che procede pur tra varie difficoltà, soprattutto economiche.
Ha creato la sua scuola ed il suo laboratorio affinché non solo i suoi figli, ma anche altri giovani appassionati come lui continuino una tradizione di cui si è fatto testimone, interprete e padrone non geloso.

Possedere la tecnica del puparo comporta approfonditi studi e molta pratica. Mutano i toni vocali dei vari personaggi e del narratore, i rumori si ottengono contemporaneamente alla gestione del pupo e all’emissione della voce, dialetto e lingua italiana si mescolano in un tutt’uno inscindibile. Un’arte sempre in fieri:

Io non ho niente da insegnare in senso definitivo perché quello che insegno io oggi , domani lo modifico e potrà non essere più utile.

Il mestiere si apprende anche attraverso i silenzi, dai gesti del maestro. I pupi sono anime in potenza che attendono solo di tornare alla vita, “il più antico mezzo di comunicazione che abbiamo“. “Dietro i burattini c’è un universo di tecniche e saperi”: è il messaggio rivolto soprattutto ai giovani, che si avvicinano con curiosità a questa antica tradizione affinchè non diano poca importanza, sminuendo un’antica arte a quello che a prima vista potrebbe sembrare uno spettacolo per bambini.

Il teatro super partes

“L’opera dei pupi è un fatto storico e culturale” senza alcuna implicazione politica, afferma Mimmo Cuticchio. Per evitare strumentalizzazioni, evita nei suoi spettacoli gli scontri tra cristiani e saraceni. Rinnovatore e sperimentatore, il figlio ed erede Giacomo Cuticchio, ha reso il suo teatro più contemporaneo, come dimostra ad esempio “Aladino di tutti i colori”, in cui Aladino viene rappresentato come un bambino puro in lotta contro il male, rappresentato dal mago. Un grido in difesa dei diritti dei bambini.

Mimmo non accetta la definizione di ultimo puparo, ma rivendica per sé il diritto di definirsi “il primo di una nuova generazione”. Nel 2015 la collezione di pupi della famiglia Cuticchio è stata acquistata dalla “Fondazione Banco di Sicilia” ed esposta a Palazzo Branciforti. Era l’unico modo per non disperdere la tradizione di famiglia.

I pupi sono stati sistemati dal Maestro stesso in un adeguato spazio espositivo. “Teatri in vita”, pronti a vivere le loro avventurose vicende, in attesa delle mani sapienti del puparo, loro “padre” umano. Mimmo non ha ceduto però i “suoi” pupi. Quelli antichi della sua collezione personale e quelli costruiti da lui stesso e dai suoi aiutanti per i vari spettacoli rappresentati, sono esposti nel suo teatro e conservati persino a casa sua.

Background artistico in breve

Cuticchio si è distinto in numerosi occasioni artistiche cinematografiche. Ha partecipato come attore nel film “Il Padrino parte III” di Francis Ford Coppola (1990); è stato la voce narrante del celebre monologo finale, scritto da lui, nel film “Cento giorni a Palermo” del regista Ferrara (1984); ed è comparso come coprotagonista in “Terraferma” di Emanuele Crialese (2011), per citare solo alcune delle sue apprezzate interpretazioni.

Si è distinto come sceneggiatore in “Siamo Palermo” in tandem con la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, partendo dai ricordi in un diario per far conoscere Palermo, città alla quale i due autori, legati da lunga amicizia, sono visceralmente legati. Palermo, con le sue luci e le sue ombre, i ricordi personali che si mescolano alla cronaca, diventa simbolo dell’amore per la Sicilia – anche se Cuticchio è nato a Gela, per i continui spostamenti dovuti alla professione paterna -.

Dal cinema al mondo letterario e teatrale

Tra i libri che ha scritto, si ricorda “La nuova vita di un mestiere antico. Il viaggio con l’Opera dei Pupi e il cunto”, nel quale Mimmo Cuticchio ripercorre la sua vita e le sue esperienze. Un tutto inscindibile dalla sua arte e dai suoi pupi, fratelli e figli “di legno e stoffe con un’anima e una vita”.

Cuticchio ha appreso l’arte del cunto facendo apprendistato, dal 1969 al 1973, come allievo del famoso “cuntastorie” Peppino Celano, maestro nella “capacità per l’improvvisazione”. Lo stesso Celano, riconosciuta ormai l’arte pienamente acquisita dal suo allievo, gli donò la spada con la quale accompagnava i suoi spettacoli: una investitura in piena regola!

Negli anni ’80 Cuticchio intitolerà “La spada di Celano” il suo primo spettacolo di cunti, in omaggio al suo mentore e maestro.

la pazzia di Orlando (Mimmo Cuticchio)

scene from the documentary Omaggio a Mimmo Cuticchio(courtesy of Giacomo Cuticchio)

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.