“L’Inferno di Dante” di Giovanni Anfuso risuona nella Natura

L'Inferno di Dante di Giovanni Anfuso

Torna il regista siciliano con uno dei suoi cavalli di battaglia: “L’Inferno di Dante” di Giovanni Anfuso. La rivisitazione prende vita in una cornice altamente suggestiva prendendo in prestito dalla Sicilia “Le Gole dell’Alcantara”. L’ingresso subito trasporta in un’altra dimensione, una galleria di verde e luci come stelle cadute in terra segna il passaggio nel mondo dantesco. Un intorno totalmente naturale accoglie gli spettatori tra ruscelli, lucciole, sassi e rocce, nelle cave al fresco e in silenzio. In questo silenzio universale un fascio di luce introduce i due personaggi tirati fuori da un dipinto anni ’30. Comincia un’esperienza onirica vissuta tra le pagine dell’Inferno di Dante magistralmente rivisitato.

La maestria della regia ha reso leggero e piacevole un argomento universale e denso. Ogni passaggio chiave dell’opera è stato presentato allo spettatore con la stessa poesia che si ritrova nel linguaggio dantesco. Lo scenario unico e straordinario ha ricreato l’ambientazione ideale per immergersi nella materia trattata. Un palco che non è più di legno, ma sabbia e sassi; una scenografia non più di cartone, ma la selva oscura delle Gole dell’Alcantara con le acque che si offrono al passaggio di Caronte. Insieme alla naturale scenografia, anche le musiche e le coreografie hanno contribuito nello scandire perfettamente i momenti del dramma messo in scena.

“L’Inferno di Dante” di Giovanni Anfuso nel cuore della natura

Delicato il momento dedicato a Paolo e Francesca. Dolcemente si sono immersi nel loro amplesso d’amore tra le acque del ruscello e le grandi lenzuola bianche che li avvolgevano, coprendo simbolicamente il loro amore rubato. L’espressione dei loro volti racconta eloquentemente il rimorso che distrugge il “bello” della loro storia d’amore. La dolcezza di Francesca si manifesta negli sguardi e nelle movenze quando lentamente scivola nelle acque del ruscello, trascinando dietro di sé un magnifico drappo bianco, quasi come una piccola barca a vela.

Ciò che rende unico “L’Inferno di Dante” di Giovanni Anfuso è la fusione con la natura. Il punto di forza di questa rivisitazione sta nell’idea – riuscitissima – di inserire lo spettatore nella scena. Non si immagina più da lontano di provare le stesse emozioni messe in scena dagli attori, ma ci si immerge con tutti e cinque i sensi. Al posto di un pavimento ligneo, di luci e poltroncine, strutture che creano distanza dalla messa in scena, si avverte il leggero “fastidio” dei cioccolini sotto le suole… Le ombre si mescolano a quelle degli attori riflesse nel ruscello, si avverte la freschezza dell’acqua e si ascolta il suo rumore, alzando gli occhi sono le stelle del cielo a fare da tetto alle azioni degli uomini.

Non è più solo dramma messo in scena, ma una completa esperienza letteraria e teatrale resa vita, uscita dalle pagine scritte da Dante e proiettata nel mondo reale. Se la rivisitazione di Anfuso colpisce e ingloba lo spettatore, è proprio grazia ad un’idea scenica che si offre in tutta la sua verità naturale ed artistica.

Una fusione di musica, danza e oratoria

Ogni attore è riuscito a gestire il peso del verbo e della struttura aulica senza esserne schiacciato, ma padroneggiandolo con una degna interpretazione. Le coreografie hanno impreziosito la scena grazie alle mosse precise e cadenzate, ai ritmi e alle pause dei ballerini, a cui spetta il merito di aver dipinto la giusta atmosfera sottolineando allo stesso tempo il disagio ambientale in cui è stato inserito Dante.

I costumi sembrano quasi siano stati fotografati dal testo originale, risultando così perfettamente disegnati per lo scenario in cui sono stati inseriti. Il gioco di luci ha rispettato l’ambiente e ha creato ombre e penombre suggestive quanto lo scenario naturale tutt’intorno. Ciò non era per nulla scontato considerata l’abilità nell’evidenziare i punti strategici senza infastidire l’ambientazione naturalistica immersa nella sera.

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