
“La Bibbia riveduta e scorretta” degli Oblivion – Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli – per la regia diGiorgio Gallione. Una parola: geniale. È l’unica definizione che può venire in mente durante e a fine spettacolo. Prendono vita le vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento svelando i retroscena di tutte le eterne e bibliche domande sulla creazione. Una finestra sul dietro le quinte con interminabili battibecchi ed esilaranti performance.
“La Bibbia riveduta e scorretta” degli Oblivion
Magonza, A.D. 1455. Gutenberg. Stop. Con questo incipit è chiaro che si sta parlando dell’inaugurazione dell’età moderna con l’introduzione della stampa a caratteri mobili e la nascita dell’editoria. Niente di nuovo. O quasi.
Gli Oblivion rompono subito il ghiaccio con un vocalizzo e un’esilarante imprecazione che preannuncia allo spettatore ciò che lo aspetta: «tutto è possibile». La storia prende la strada dell’immaginario e fantasioso dopo pochi minuti, con l’entrata in scena di Dio in persona (Fabio Vagnarelli) che spinge una carriola colma di tavole scolpite: la sua autobiografia. E incontra una strega sul rogo (Francesca Folloni), il soldato che se ne occupa (Davide Calabrese) e lo stesso Gutenberg (Lorenzo Scuda) con la sua assistente (Graziana Borciana).
Le parti risultano quindi chiare e ben definite? Neanche per sogno. Per tutto lo spettacolo, gli attori entrano ed escono interpretando diversi ruoli e personaggi. Si tratta pur sempre della Bibbia e, come tale, pullula di personaggi. E sebbene alcune parti in scena debbano per forza essere costanti, ciò non vieta l’interpretazione di qualche altra. Diventa così un susseguirsi pressoché continuo di cambi di personaggio per tutta la durata dello spettacolo.
A cura di Guido Fiorato, la scena si apre al pubblico con una semplicità essenziale ed efficace. Tavoli, sgabelli, il torchio tipografico, tutto spostato ad hoc dagli attori stessi e che possono diventare man mano anche postazioni di diverso genere. Quadri e cornici scendono dall’alto per scandire o evidenziare momenti specifici. Il fondale, una semplice rappresentazione del cielo. I costumi, sempre a cura di Guido Fiorato, toccano a tratti o contemporaneamente la parodia e l’assurdo. Con tutto ciò però, oltre a strappare l’ovvia risata, rendono riconoscibile il personaggio del momento.
Il musical comico che mancava
“La Bibbia riveduta e scorretta” degli Oblivion è un susseguirsi di parodie, battute, freddure, rimandi alla vita contemporanea e alla TV che ci circonda. Oltre a divertire, lo spettacolo inchioda il pubblico per i continui colpi di scena che rimettono tutto in discussione. E pensare che credevamo di conoscere il libro più famoso del mondo!
Ma il vero tocco di classe sono le musiche di Lorenzo Scuda. Durante la messa in scena lo spettatore non può far altro che ripetere “quanto sono bravi”. Perché questo è ciò che traspare. Tutta la bravura dei 5 Oblivion che cantano per quasi due ore filate (il breve intervallo non può essere di grande aiuto) non può non colpire chi è in poltrona. Indistintamente cantano passando da un genere all’altro con una padronanza incredibile: dal pop al rap, dal soul allo swing. Ce n’è per tutti i gusti. Senza dimenticare i molteplici omaggi musicali fatti alla storia del Musical dagli anni ’20 fino a oggi. Basta citarne uno per tutti: “Jesus Christ Superstar”. E in tutto ciò non passano inosservate le coreografie di Francesca Folloni con balletti comici e perfetti e le luci di Aldo Mantovani che danno vita a una produzione AGIDI assolutamente da non perdere.
Inutile ripetere le connotazioni esilaranti dello spettacolo (sia parlato sia cantato) più geniale degli ultimi tempi. Ma qual è lo scopo di uno musical di questo genere? Divertire? Certo. Intrattenere? Anche.