“La Rondine (la canzone di Marta)” per la regia di Francesco Randazzo è uno spettacolo bello da vivere. Abbiamo assistito alla prima napoletana al Teatro Piccolo Bellini, in un’atmosfera unica nel suo genere. La messinscena di circa 80 minuti, appassiona per tutta la durata.
Il soggetto è del drammaturgo Guillem Clua e la traduzione di Martina Vannucci. La storia è ispirata all’attentato terroristico islamico del 2016, avvenuto in un bar gay ad Orlando in Florida, dove morirono 49 persone. Sulla scena si confrontano Lucia Sardo negli abiti della maestra di canto Marta, e Luigi Tabita, l’aspirante allievo Matteo.
Marta ha sofferto la trucida morte di suo figlio Dany, con il quale condivideva la passione per il canto. Vive sola e continua a impartire lezioni in casa, una casa dove tutto riporta a suo figlio. Matteo è un suo aspirante allievo che si vede rifiutare più volte la possibilità di imparare da Marta, ma pian piano riesce ad abbattere il muro di solitudine e ruvidità che la madre di Dany si è costruita intorno.
Tutto il resto è un faro acceso sui ricordi. Ricordi che sono solo un pretesto perché il riflettore illumina aspetti ancora più profondi.
La Rondine nasce dal dolore
Guillem Clua e Francesco Randazzo si interrogano ripetutamente su ciò che ci rende umani. Una prepotente risposta viene dal dolore. Quello di Marta, madre privata di un figlio morto, è di una donna considerata pazza, che subisce la compassione della gente e trova “rinfrescante” parlare solo con chi ha realmente vissuto lo stesso dramma.
La lampada è sempre accesa sul comodino che ospita il quadro di Dany. L’assenza del personaggio si fa presenza nostalgica, un fantasma che incombe e rimbomba nelle tempie di una madre che in vita era stata sorda ai richiami della sua evidente, infelice e incondivisibile omosessualità. Dany vede «trasformarsi il Sole in una palla di neve» perché sua madre resta impassibile davanti al suo fare outing.
L’approccio degli attori al tema dello spettacolo è molto delicato, ma deciso allo stesso tempo. La recitazione di Lucia Sardo va diritta al cuore dello spettatore. Lei rappresenta una donna che ha perso già troppo nella vita per non essere sincera, forte e toccante. A Luigi Tabita tocca invece un personaggio cangiante, fatto di ombre e luci, che deve condurre Marta nel suo campo d’azione, prima di poter mettere a nudo tutte le sue debolezze di fondo. Prima di poter smascherare gli “errori” di una madre ossessionata dal parere della società.
Dany, pur non essendoci, c’è! Francesco Randazzo, Lucia Sardo e Luigi Tabita hanno l’abilità di farci visualizzare un terzo personaggio in scena. Un uomo che ha il coraggio durante l’attentato di riprendere, di documentare l’accaduto a discapito della sua stessa morte.
«Devono vedere quel che ci stanno facendo: se non lo vedono non esistiamo!»
Dany ha la prontezza di salvare la vita al compagno. Dany ha la forza di conquistarsi una vita e il destino farà sì che la morte non lo colga impreparato.
«Mi tormentava il pensiero che lui fosse morto solo, ora so che accanto a lui c’era la persona che amava»
Guillem Clua e Francesco Randazzo portano alla luce il dolore, la perdita, la diversità e la morte
La canzone “La Rondine” è foriera di ricordi attraverso i quali si sviluppa la trama del racconto di Guillem Clua, come una spina dorsale che lentamente ci conduce al cuore dei due protagonisti.
Clua ci fa ritornare al Bataclán di Parigi, al lungomare Nizza, alle Ramblas Barcellona passando anche per le parole di Garçia Lorca. Randazzo è abile a guidarci tra luci e ombre abilmente predisposte fino alla fine del tunnel, un finale commovente e da standing ovation.
La scenografia è molto intelligente e mira a creare un effetto di empatia tra i vari momenti dello spettacolo e il pubblico. Le ampie finestre sono di insegnamento a tutti quegli scenografi che cercano effetti eclatanti con una miriade di elementi senza però raggiungere il proprio scopo. La scenografia di “La Rondine” è in certi casi minimalista ma non per questo meno efficace, anzi più sottrae alla vista e più raggiunge l’animo dello spettatore.
Una miriade di sensazioni, e una serie di sfumature belle da cogliere e da rivivere. “La Rondine” mette sotto la lente di ingrandimento temi molto forti utilizzando prospettive sempre differenti. Argomenti difficili che finiscono spesso nel mirino della cultura televisiva occidentale e di telecamere schiave di una velocità che fornisce visioni approssimative della realtà, ingigantendo sentimenti di paura verso l’altro e alimentando ansie collettive. Questo spettacolo ha invece il merito di analizzare alcune sfumature al microscopio, lasciando agli spettatori l’opportunità di metabolizzare il messaggio senza fretta: ognuno con i propri tempi.