Museo del Sottosuolo, “Letture dantesche/Inferno” nelle viscere della Terra

inferno

Ci troviamo nel “Museo del Sottosuolo” di Napoli per assistere alle “Letture dantesche/Inferno” messe in scena da Fabio Brescia Roberto Azzurro. L’intenzione è dimostrare che è possibile portare in scena uno dei cardini della letteratura italiana, la “Divina Commedia”, con una dialettica dissacrante e giovanile, capace anche di far divertire il pubblico.

A venticinque metri di profondità, fa da cornice una delle tre sale che originariamente era una cisterna raggiungibile scendendo ben 116 scalini. Siamo in un luogo fresco a temperatura costante, penetriamo nelle viscere della città volentieri, per sfuggire al caldo umido d’estate. La suggestione del luogo non poteva che accogliere una opera teatralizzata dal contenuto che inevitabilmente riporta agli inferi della Terra.

“Letture dantesche/Inferno” ripropone la “Divina Commedia” in chiare ironica

L’ introduzione è divertente, tra polifonia di campanelli e voci provenienti dall’oscurità della sala cisterna, mentre i due uomini entrano in contatto con il pubblico, quasi fosse una cerimonia inaugurale. Il canto d’ingresso annuncia la lectura dantis; stupore e fascino avvolgono lo spettatore che ancora non sa esattamente a cosa andrà incontro. E poi, il silenzio. Tutti attendono la magia e l’aulico contenuto.

Per la regia di Roberto Azzurro si apre la narrazione dell’Inferno”. Roberto Azzurro e Fabio Brescia sono i due cantastorie che hanno cercato di interpretare la “Divina Commedia” in chiave ironica. Una lettura alternata da momenti comici e tragici, interpretando a nuovo modo il senso profondo del testo di Dante Alighieri. Una opera di tal portata certamente non può che considerarsi struggente e veritiera. La drammaticità della condanna dei peccatori è stata qui “alleggerita” dal paragone con la nostra realtà quotidiana, vero Inferno terreno.

«Lo sdegno del poeta colpisce tutti questi protagonisti dei mali italiani, e si appunta in modo particolare contro la corruzione del clero e del papato, più propensi ad occuparsi dei beni temporali che della salute spirituale della cristianità. Già questo ci sembrerebbe “Inferno”. Ci permettiamo di considerare che stiamo parlando di cose ben note alla nostra contemporaneità.»

Scrive Roberto Azzurro nel presentare il proprio lavoro sulle “Letture dantesche/Inferno” e le scelte registiche adottate. Innovazione e buon equilibrio tra le parti risulta la giusta commistione tra la lettura dantesca, che si esprime nell’antico e dotto italiano del 1300, e la “tra-di/du-zione” napoletana, che ha reso il pesante fardello delle anime infernali più leggero.

Il prologo iniziale spiega la difficoltà di comprendere la “Divina Commedia” per l’utilizzo dell’italiano aulico, spesso di difficile comprensione, di Dante Alighieri e per il significato che si cela dietro l’opera. Ma la speranza è la rilettura in chiave ironica:

« […] cercheremo finalmente di smentire che la Divina Commedia e i versi in genere non sono in grado di avvicinare per poi affascinare per poi divertire un pubblico giovane con le vertiginose altezze dell’arte. Si può fare. Si può fare!»

L’opera teatralizzata ha ben conservato lo schema di alternanza emozionale con evidenti segnali di passaggio tra le diverse aree dell’Inferno. Infatti ogni canto è segnato dal suono del campanello con la spiegazione iniziale del girone dantesco e la successiva rilettura in chiave comica-napoletana.

L’epilogo, infine, ha lasciato una domanda sospesa, aperta alla riflessione dei presenti: come punirebbe Dante i moderni? In quale girone il poeta condannerebbe chi parcheggia in doppia fila, chi uccide le proprie mogli e i politici?

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