Lo zoo di vetro di T Williams con la regia di Lidi. Dramma e clown

Lo zoo di vetro di Tennessee Williams con regia di Leonardo Lidi

Surreale e realistico allo stesso tempo il debutto nazionale al Teatro Carcano di Milano della pièce “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams con Tindaro Granata (Tom Wingfield), Mariangela Granelli (Amanda Wingfield), Anahì Traversi (Laura Wingfield) e Mario Pirrello (Jim O’Connor) per la regia di Leonardo Lidi.

‘Lo zoo di vetro’ di Tennessee Williams. Il surrealismo in scena

Ci si accorge immediatamente di essere in procinto di assistere a una rappresentazione inaspettata con le scene e il light design a cura di Nicolas Bovey. Un lampione grigio-azzurrognolo posto a lato del proscenio. Un secondo palco quadrato al centro della scena con un’unica quinta di fondo sagomata a forma di casa.  Tre sedie, un tavolino, una panchina, una cornice e un telefono appesi. Tutto quanto rigorosamente rosa. Un’altra sedia e uno scatolone quasi abbandonati alla ribalta. Un’infinità di chips polistirolo bianco-azzurre sparse a circondare il secondo palco e a rappresentare forse la strada o semplicemente l’esterno.

E infine i personaggi con costumi da clown firmati da Aurora Damanti. Il tutto, a un primo sguardo, catapulta lo spettatore in un contesto surreale, quasi beckettiano. Il suono di un’arpa immaginaria suonata da Laura dà inizio allo spettacolo sulle note di “Quella carezza della sera” dei New Trolls. Un pagliaccio addossato alla parete di fondo si stacca e con una lentezza irritante scende e raggiunge la sedia e lo scatolone discostati. Una voce maschile con lo stesso sottofondo musicale presenta la vicenda. Si potrebbe pensare che a parlare sia il clown ora seduto in disparte. Invece ecco che entra un quarto personaggio, un Pierrot poeta e narratore che incarna Tom.

I Wingfield e il dramma di una famiglia

Man mano che la rappresentazione prende forma ci si accorge che l’arrangiamento di Leonardo Lidi non rimanda a Beckett, bensì a Ibsen. Lo stesso regista infatti spiega come questo spettacolo sia praticamente la conclusione di un suo percorso formativo attraverso le famiglie del Teatro. E a modo suo presenta allo spettatore la famiglia Wingfield.

Amanda, moglie abbandonata dal marito e madre di due figli (Tom e Laura) si presenta come una donna frustrata, a tratti disperata dalla sorte della figlia claudicante, a tratti istericamente allegra quando sembra che la sorte possa finalmente sorridere. Questo suo essere borderline non fa altro che rinchiudere i figli in prigioni di diversa natura. Laura, nella prigione della sua timidezza e delle sue paure, trascorre le sue giornate a occuparsi dello zoo di vetro, unico ricordo del padre. Tom, costretto a indossare i panni del capofamiglia responsabile del mantenimento di tutti, è incatenato nella prigione del senso del dovere filiale e fraterno.

Il sapiente e curato sound design di Dario Felli accentuano e sottolineano con musiche e soprattutto suoni, i passaggi alternati di questi sentimenti di ansia, euforia, rabbia, gioia, ribellione, paura. E speranza. Sarà proprio la speranza disillusa un’ultima volta a far capitolare irrimediabilmente le vite dei personaggi. E “Quella carezza della sera”, ripetuta durante la rappresentazione, ne diventa il leitmotiv: la disperazione e la rabbia per la mancanza di un marito/padre.

Con la regia di Leonardo Lidi, un’opera oltre il tempo

L’intero spettacolo si srotola con un ritmo degno del metodo Fartlek per la corsa, scena veloce e scena lenta, ad alta e bassa intensità. Curioso e strepitoso a tal proposito uno dei litigi tra Amanda e Tom che non può passare inosservato. E i costumi clowneschi dei personaggi non fanno che accentuare questa scelta ritmica di Leonardo Lidi. Cosa può esserci di più drammatico di un dramma narrato da un clown simbolo classico dell’allegria e della spensieratezza?

L’opera più autobiografica di Tennessee Williams – desiderio di allontanarsi dalla casa natale, malattia mentale della sorella e rapporto tormentato col padre – viene portata in scena con bravura e intelligenza tali da colmare 75 anni dal suo debutto. Tempo e spazio quasi annullati o appena accennati permettono pertanto a “Lo zoo di vetro” di ritornare sul palcoscenico in un modo surrealmente drammatico.

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