
“Fear Street” di Leigh Janiak è una trilogia slasher basata sull’omonima serie di romanzi di R. L. Stine. L’autore, conosciuto in Italia soprattutto per la collana di “Piccoli brividi”, iniziò la pubblicazione dei libri di “Fear Street” nel 1989. Oggi ne vengono riproposti alcuni capitoli in versione filmica.
La trilogia si divide in tre tempi differenti. Il primo film è ambientato nel 1994, il secondo nel 1978 e l’ultimo nel 1666. L’andamento a ritroso fa sì che si scoprano pian piano non solo le origini della maledizione che affligge Shadyside e i terribili eventi del passato, ma anche la verità che è stata tenuta nascosta per secoli.
«A Shadyside il passato non è mai passato.» – Ziggy
“Fear Street” 1994, 1978, 1666. Riferimenti ai primi slasher movie
«Perché sei così informato sui killer?» – Kate
«Conosci il tuo nemico, giusto?» – Josh
“Fear Street” di Leigh Janiak omaggia chiaramente il genere slasher degli anni ‘80 e ‘90. Oltre agli espliciti riferimenti a Stephen King, ci sono degli elementi facilmente riconducibili alla saga cinematografica di Wes Craven, a quella iniziata da John Carpenter e ad altre. Il primo killer che si vede in “Fear Street – 1994”, indossa un costume da scheletro e una maschera da teschio. L’abbigliamento di Ryan Torres rimanda a quello di Ghostface, il serial killer protagonista della saga di “Scream”.
“Fear Street – 1978” ha luogo in un campeggio. Non si tratta però del Camp Crystal Lake di “Venerdì 13” che vede gli omicidi di Jason Voorhees, ma del Camp Nightwing in cui l’accetta è usata da Thomas Slater.
«Non si può richiamare il diavolo per caso. Anche il cuore più debole, l’anima più corruttibile deve fare una scelta, deve tenergli la mano.» – Solomon
Come si evince dai titoli di testa e dai ritagli di giornale di Josh, i killer di Shadyside si susseguono da anni. Riprendono le caratteristiche peculiari dei classici horror, tra cui “Halloween”, “Non aprite quella porta” e “Le colline hanno gli occhi”. Ad esempio, alcuni indossano una maschera e hanno un’arma propria, ma non solo. Nel 1666, anno in cui la religione e il timore del peccato regnavano sovrani, il male prende vita nel pastore Cyrus Miller. Nel 1922, c’è Billy Barker: un ragazzino deforme che indossa una maschera e uccide con una mazza da baseball. Più tardi, negli anni ‘50, il lattaio locale Harry Rooker uccide le casalinghe con un coltello a serramanico. 15 anni dopo, Ruby Lane accompagna gli omicidi con un canto malinconico. Tutti hanno qualcosa di inquietante e sinistro. Ma il peggior nemico si nasconde dietro qualcuno che sembra appartenere ai buoni.
I colori della trilogia di “Fear Street”
«Le ombre cadono su tutti prima o poi.» – Sarah
La fotografia di Caleb Heymann, unita alle scenografie di Scott Kuzio e ai costumi di Amanda Ford, crea tra i 3 film sia delle affinità che delle differenze. “Fear Street – 1994” si colloca bene all’epoca cui appartiene. I colori sono piuttosto vivaci e vengono usate anche luci a neon che regalano un’atmosfera più fluo. Nonostante ciò il clima rimane cupo. Il prevalente utilizzo della luce naturale anche negli interni, crea leggeri chiaroscuri e dei contrasti più intensi di notte. Invece, le scene di “Fear Street – 1978” hanno dei colori più tenui che tendono all’arancio in modo da dare un’aria retro. Anche in questo caso i contrasti sono piuttosto decisi. “Fear Street – 1666”, diversamente dai precedenti, è caratterizzato da un’ambientazione più naturale. I colori sono sempre più spenti, quasi opachi, dando così un senso di antico alle sequenze.
«La luna piena sorge prima del tramonto, ideale per gustare i frutti della terra.»
Nell’intera trilogia c’è una prevalenza di due colori: il rosso e il blu. Si ritrovano nelle luci del mall, nelle divise blu delle streghe di Shadyside e in quelle rosse dei diavoli di Sunnyvale. C’è un cielo rossiccio che caratterizza il giorno al campeggio Nightwing, mentre il blu della sera è lo stesso delle notti delle feste dei giovani nel 1666, dove il rosso è il colore del fuoco e delle fiaccole. Simbolicamente il rosso è sia il colore dell’amore e della passione che del potere e del sangue delle vittime. Il blu sta ad indicare la spiritualità, che per estensione tocca la sfera soprannaturale e l’equilibrio che dev’essere ripristinato.
Amore, sacrificio e verità
Anche se la trilogia di “Fear Street” rientra nel genere slasher, è in realtà anche un film per ragazzi. Oltre ad avere dei protagonisti giovani, si toccano diversi temi tra cui due di particolare importanza: l’amore e il sacrificio. Entrambi possono avere delle accezioni di valore differente e trasformarsi quindi in qualcosa di negativo. Da una parte c’è l’amore tra Deena e Sam e quello fraterno tra Ziggy e Cindy , mentre dall’altra c’è quello egoistico dei Goode. Allo stesso modo si ha il sacrificio di Sarah per amore e altruismo, per salvare qualcuno, e quello dei Goode per il raggiungimento dei propri obiettivi.
«La città, questo posto, sono maledetti e lo siamo anche noi.» – Cindy
Si sottolinea l’importanza di conoscere il passato per capire il presente. I ragazzi riescono a trovare numerose soluzioni alla maledizione che affligge Shadyside e i suoi abitanti. Eppure non arrivano a risolvere il problema perché la storia su cui basano le proprie azioni è inesatta. Soltanto dopo aver scoperto la verità, possono aiutare la loro cittadina e liberarla dal male che la tormenta… o forse no?
«La verità si verrà a sapere. Magari non oggi e magari nemmeno domani, ma succederà. La verità sarà la tua maledizione, ti perseguiterà per l’eternità. Io ti darò la caccia per sempre, mostrerò a tutti quello che hai fatto. Non ti permetterò di essere libero.» – Sarah
Molto interessante.Una recensione piena di riferimenti che rileggero’ dopo aver visto i film.